Le difficoltà d’apprendimento sono state stimate intorno al 10% dell’intera popolazione scolastica; le cause vanno dal disagio socio-ambientale, al ritardo lieve nello sviluppo intellettivo, ad aspetti emotivi-relazionali per arrivare ai Disturbi Specifici di Apprendimento (con una frequenza del 4% circa).
Con il termine Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) si indicano le difficoltà, non dipendenti dal livello intellettivo del bambino e legate a cause non ancora del tutto identificate, che riguardano la capacità di leggere (dislessia), di scrivere in modo corretto e comprensibile (disgrafia) e di fare calcoli (discalculia). A volte, bambini che hanno frequentato senza alcun tipo di problema la scuola dell’infanzia, possono incontrare delle difficoltà al momento dell’ingresso nella scuola primaria: questa difficoltà riguardano in maniera specifica e selettiva gli apprendimenti della lingua scritta e/o del calcolo. In effetti, fin tanto che il bambino non viene messo di fronte al dover apprendere le abilità specifiche richieste nei processi della lettura, scrittura e calcolo, può non dimostrare alcun tipo di deficit: appare anzi un bambino dall’intelligenza viva e dalle piene potenzialità cognitive, relazionali e sociali.
Proviamo ad immaginare il clima scolastico e familiare che si viene a creare intorno ad un bambino che, al suo ingresso nella scuola primaria, sperimenta una serie di fallimenti senza un apparente motivo: le aspettative che i genitori ripongono in lui ed in ciò che il successo scolastico rappresenta vengono disattese, le insegnanti lanciano messaggi allarmanti e sconfortanti; ben presto ci si rende conto che le difficoltà incontrate si allargano a macchia d’olio ed investono i più diversi ambiti della vita del bambino e della sua famiglia. Le difficoltà scolastiche divengono il tema principale intorno a cui ruotano i pensieri e i discorsi delle più importanti figure di riferimento del bambino; diventa triste, demotivato, insicuro, fragile e può sviluppare una forma di avversione nei confronti della scuola con importanti conseguenze future (abbandono scolastico, scelte sbagliate che si susseguono a catena, forme depressive più o meno gravi).
Si innesca un circolo vizioso che potremmo sintetizzare con questo schema:
Un bambino che entra in questo meccanismo viene spesso descritto come svogliato, pigro, lento, inaffidabile…i risultati scolastici confermano l’opinione che gli insegnanti hanno di lui: è un serpente che si morde la coda. È evidente, dunque, l’importanza che la scuola riveste nello stabilire un corretto approccio con la problematica e, soprattutto, è evidente il ruolo fondamentale che devono avere le insegnanti nel riconoscere, precocemente e tempestivamente, tutti i segnali di una possibile difficoltà, allertare la famiglia e costruire insieme una rete di contenimento che abbraccia il bambino con difficoltà, lo sostiene e lo accompagna lungo un percorso di crescita personale e didattico. La scuola dell’infanzia ed i primi anni della scuola primaria rappresentano il luogo principale ed il terreno più fecondo in cui fare prevenzione ed in cui è possibile cominciare a progettare interventi educativi e didattici tagliati sulle difficoltà del singolo ma, perché no, di supporto e di potenziamento per tutta la classe. Il sostegno e l’intervento operativo di specialisti esperti e competenti rappresenta l’anello di congiunzione tra due mondi costantemente in comunicazione tra loro ma non sempre sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda.