Sempre più spesso si sente dire fra genitori, insegnanti, educatori e persone che a vario titolo hanno a che fare con i bambini “ quel bambino è proprio iperattivo! ”, non sta mai fermo, si distrae, non ascolta, non rispetta le regole.Vediamo in questo articolo in che cosa consiste l'ADHD.
di Rosa Di Geronimo
Sempre più spesso si sente dire fra genitori, insegnanti, educatori e persone che a vario titolo hanno a che fare con i bambini “quel bambino è proprio iperattivo!”, non sta mai fermo, si distrae, non ascolta, non rispetta le regole. Molto facilmente si utilizzano termini inappropriati e stigmatizzanti; ma cosa davvero differenzia un disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD) da una eccessiva vivacità?
L’adhd è un disturbo evolutivo di origine neurobiologica che è presente sin dalla nascita e coinvolge sia aspetti cognitivi (attenzione), sia aspetti comportamentali (impulsività) e motori (iperattività); le manifestazioni possono essere differenti, a seconda dell’età del bambino, del sesso e della gravità del disturbo.
La maggior parte dei bambini è disattenta, iperattiva o impulsiva; il problema infatti non risiede tanto nella vivacità, che di per sé è funzionale e necessaria per un adeguato sviluppo del bambino, quanto nel fatto che tali caratteristiche sono eccessive, insistenti, disfunzionali e pervasive, tanto da compromettere il normale funzionamento del bambino nel contesto scolastico, familiare e sociale
Man mano che il bambino cresce le difficoltà legate ai problemi attentivi, di memorizzazione, di concentrazione, di organizzazione, di pianificazione e di percezione del tempo interagiscono primariamente con le richieste scolastiche, generando difficoltà che si riscontrano a scuola sia sul piano degli apprendimenti che nelle relazioni amicali.
La possibilità di individuare precocemente, anche prima dell’inserimento scolastico, i predittori di un eventuale disturbo porta a poter prevedere una migliore evoluzione dei sintomi e delle complicanze secondarie spesso associate con il disturbo stesso, come la bassa autostima, l’ isolamento, le difficoltà di apprendimento. Migliora anche la qualità dello sviluppo stesso del bambino e delle sue relazioni.
Di solito la diagnosi viene fatta intorno ai 7 anni, con l’inizio della scuola primaria, momento in cui c’è una maggiore evidenza della sintomatologia: il bambino con adhd ha difficoltà a mantenere l’attenzione e la concentrazione su un compito o nei giochi per un periodo prolungato, si distrae facilmente, commette molti errori, sembra non ascoltare, ha difficoltà nell’organizzazione dei compiti, passa da un’attività ad un’altra senza portarle a termine, sembra non ascoltare. Inoltre mostra delle difficoltà a rimanere fermo seduto sulla sedia, ha necessità continua di muoversi, alzarsi, correre e arrampicarsi senza mai stancarsi, come fosse motorizzato. Alle volte è anche un bambino impulsivo, che non rispetta il proprio turno, interrompe e si intromette, “spara” le risposte, sembra non avere percezione dei pericoli, non si da il tempo per riflettere.
Innanzitutto è fondamentale fare una diagnosi attenta ed accurata presso centri clinici specializzati, per poi intervenire in tutti gli ambiti di vita del bambino e strutturare un intervento multimodale con genitori, insegnati e bambino stesso.
I genitori spesso si sentono vittime di sensi di colpa e vissuti di inadeguatezza, responsabili della situazione e impotenti di fronte a episodi che non riescono a dominare: sarebbe opportuno per loro un percorso di sostegno psicologico per elaborare i pensieri, le credenze e le aspettative disfunzionali verso il proprio ruolo di genitori e il peso della responsabilità verso il comportamento del proprio figlio/a: sarebbe utile a questo scopo avviare un percorso di Parent Training per acquisire gli strumenti più adeguati e funzionali alla gestione dei comportamenti del proprio figlio ed organizzare le risorse necessarie per fronteggiare i momenti di stress acuto.
La scuola: è di fondamentale importanza una buona alleanza con la famiglia e una strutturazione adeguata degli spazi, dei compiti e dei tempi di lavoro. La direttiva del 27/12/2012, la successiva Circolare Ministeriale del 6 marzo 2013, la nota del 27 giugno 2013 e la recentissima ulteriore nota del 22/11/2013 emanata dal MIUR include i ragazzi con diagnosi di ADHD tra gli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES) e riconosce al Consiglio di Classe un ruolo professionale centrale agli insegnanti nel monitoraggio di procedure, metodologie e pratiche anche organizzative, con l’obiettivo comune di migliorare sempre più la qualità dell’inclusione, valorizzazione delle diversità e delle potenzialità di ciascuno. La scuola ha quindi un ruolo centrale nella gestione attiva della problematica, a patto che abbia gli strumenti necessari per entrare a pieno titolo nel lavoro di rete che va via via costruendosi intorno al bambino.
Il bambino: a seconda della gravità e della pervasività del disturbo le strade da percorrere sono due: certamente un lavoro finalizzato ad avere un maggiore controllo dell’impulsività, a gestire meglio l’iperattività motoria e migliorare la qualità dell’integrazione sociale e relazionale; accanto a ciò, in casi particolarmente difficili e sotto stretto controllo medico (esiste un apposito registro gestito esclusivamente dal Ministero della Salute), si può pensare ad un trattamento farmacologico.
Ma prima di arrivare a questo proviamo a percorrere tutte le strade possibili: mi sembra proprio il caso di dire che…INSIEME si può!