In questo articolo vengono approfonditi gli apetti comuni ed i sintomi dei disturbi alimentari
di Federica Cicchelli
I disturbi del comportamento alimentare costituiscono una delle problematiche che più frequentemente si riscontrano nella popolazione clinica e, attualmente, stanno ottenendo particolare attenzione anche da parte dell’opinione pubblica, a causa della loro diffusa presenza soprattutto tra le giovani donne, sebbene il numero dei maschi stia aumentando, principalmente in età adolescenziale e pre-adolescenziale.
Quando parliamo di disturbi dell’alimentazione, ci vengono subito alla mente anoressia e bulimia, che rappresentano le forme più conosciute di tale patologia; tuttavia, accanto a questi due “mostri” ne esistono altri, altrettanto diffusi: disturbo dell’alimentazione incontrollata (Beinge eating desorder) e altri disturbi non altrimenti specificati (NAS). Gli studi epidemiologici condotti a livello internazionale riportano una prevalenza dell'anoressia nervosa pari allo 0,0-0,9% (media: 0.3%) nelle donne di età compresa tra i 12 e i 22 anni e della bulimia nervosa pari all'1-2%; inoltre, il 3,7-6,4% della popolazione risulterebbe affetto dai disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati (Nas), per i quali l'età media di esordio si colloca intorno ai 17 anni.
Sulla base dei numerosi casi, è doveroso prendere atto che occuparsi dei disturbi del comportamento alimentare costituisce una reale emergenza, dal momento che possono compromettere gravemente la salute di tutti gli organi e apparati del corpo (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, dermatologico, sistema nervoso centrale, ecc.) fino a condurre, nei casi estremi, alla morte.
A prescindere dalla diagnosi specifica di anoressia, bulimia nervosa e disturbi dell’alimentazione NAS, l’aspetto più interessante da considerare è la presenza di alcune caratteristiche principali condivise da tutte le persone che possiedono tali quadri clinici, ossia uno stato mentale (in inglese “mindset”) contraddistinto da un’attenzione ossessiva per il cibo, il peso e la propria immagine corporea, tenuti sotto stretto “controllo”, che risulta l’aspetto centrale in questi disturbi.
In particolare, a differenza della maggior parte delle persone, quelle con disturbi alimentari stimano se stesse quasi esclusivamente sulla base della propria capacità di controllare il proprio peso, l’alimentazione e la forma del corpo; mettendo in secondo piano, invece, altri aspetti importanti nella vita, quali la qualità delle relazioni sociali e familiari, i buoni risultati lavorativi, scolastici e/o sportivi. Ciò è probabilmente causato dalla bassa autostima che contraddistingue queste persone.
Ma come si manifesta tutto ciò? Come possiamo accorgerci se una persona a noi vicina sta per cadere nel vortice dei disturbi del comportamento alimentare?
A livello comportamentale, possiamo individuare alcuni segnali:
l’estrema preoccupazione per il peso si manifesta attraverso l’atto di pesarsi frequentemente, anche più volte al giorno, in particolare prima e dopo aver mangiato, con conseguente preoccupazione per le minime variazioni di peso; altre volte, al contrario, può presentarsi il totale rifiuto di “vedere l’ago della bilancia” e una grande paura nei confronti del peso
2. la preoccupazione per la forma del proprio corpo si rende evidente con continui comportamenti di check del corpo: scrutinare parti del corpo allo specchio, stringere le pieghe di grasso tra le mani, misurare parti del proprio corpo e confrontarlo con quello di altre persone
3. a volte la persona manifesta un vero e proprio disprezzo nei confronti del proprio corpo, che si esprime evitando di guardarsi allo specchio o di esporre parti del corpo alla vista degli altri, per esempio adottando uno stile di abbigliamento molto largo, che non lascia intravedere le forme
4. la percezione distorta della propria immagine corporea si concretizza nella sensazione dichiarata di “essere grasso, gonfio e pieno”, oppure in una continua ricerca della magrezza e nel terrore di ingrassare, che non trova giovamento dalla effettiva perdita di peso (spesso non riconosciuta)
5. altri comportamenti che indicano la presenza di un disturbo specifico del comportamento alimentare consistono nel porsi regole dietetiche estremamente rigide, svolgere un’attività fisica eccessiva e compulsiva, auto-indursi il vomito e l’uso improprio di lassativi e diuretici. Nel momento in cui le condotte dietetiche estreme e restrittive sono rispettate con successo, si realizza una situazione di sottopeso con la conseguente comparsa di sintomi da denutrizione. Il più delle volte, invece, tali regole, proprio a ragione della loro forma impositiva e rigida, vengono infrante dalla persona. Questa “violazione” comporta forti sentimenti di colpa e annessi vissuti depressivi che portano l’individuo a “compensare” il proprio “errore” con condotte di espulsione, attraverso gli episodi bulimici (vomito auto-indotto, uso di lassativi, diuretici, ecc.), che mantengono in equilibrio il bilancio energetico.
6. talvolta, la psicopatologia dell’alimentazione non si rende visibile attraverso condizioni di sottopeso, come nell’anoressia, per la presenza di condotte compensatorie (bulimia), ma si contraddistingue solamente con un eccessivo controllo dell’alimentazione, mediante l’osservazione di norme dietetiche molto rigide (ortoressia), che si traducono nel pesare ripetutamente il cibo, conteggiare costantemente le calorie, continua selezione di cibi sani, predilezione di centrifugati di frutta e verdura, attenzione a ciò che mangiano gli altri.
Infine, rispetto alle cause dei disturbi del comportamento alimentare, non si possiede, ad oggi, un quadro ben definito e univoco, ma certamente sono molteplici i fattori che concorrono, sia psicologici che biologici.
Quello che possiamo evincere, come tipico delle persone con disturbi alimentari, è una personalità caratterizzata da bassa autostima e una struttura di pensiero rigida e dicotomica (buono o cattivo, giusto o sbagliato, tutto o nulla), da cui hanno origine le pressanti restrizioni e i sensi di colpa connessi al “tradimento” delle regole auto-imposte che, associati ai conseguenti vissuti depressivi (tristezza, senso di fallimento, svalutazione di sé), generano un vero e proprio circolo vizioso, che porta la persona a perpetuare il meccanismo: restrizione dietetica- rottura della dieta- compensazione- nuova restrizione dietetica- e così via. Il cibo è vissuto come nemico, ma è al contempo un potente antidepressivo.
Concludendo, vista la complessità del problema, al fine di favorire l’esito positivo del trattamento, gli elementi che risultano fondamentali sono senza dubbio una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo affidato ad un' équipe multidisciplinare di specialisti (medici, psichiatri, psicologi e nutrizionisti).
Riferimenti bibliografici e sitografia:
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