I cambiamenti cui la società va incontro spesso si accompagnano alla necessità di un riassestamento dei ruoli sociali e delle identità personali e, in questo senso, hanno ripercussioni anche a livello delle relazioni interpersonali.
di Simona Morganti
I cambiamenti che hanno caratterizzato e caratterizzano la società contemporanea, con le caratteristiche di “accelerazione” che tutti noi abbiamo modo di osservare, basti pensare agli sviluppi nella tecnologia delle comunicazioni, danno luogo ad un cambiamento anche al livello della percezione che ognuno ha di se’ e delle proprie possibilità, oltre ad un cambiamento radicale nella percezione dell’ambiente circostante.
Spesso nell’epoca attuale tali dinamiche di cambiamento sono talmente rapide da anticipare i cambiamenti reali, sostanziali, e non solo percepiti, delle persone.
Tutto cio’ puo’ dar luogo ad uno sfasamento, ad equilibri precari e alla difficoltà nel definire, accettare e vivere nuovi ruoli sociali e nuove modalità di rapporto.
Nel momento attuale alcune trasformazioni in particolare hanno avuto profonde conseguenze a livello relazionale; se pensiamo ad esempio alla crisi dell’indissolubilità del matrimonio, al fenomeno del divismo, all’ambiguità del concetto di privacy, alle nuove modalità di comunicazione, vediamo come si venga a delineare una cornice in cui sono cambiati sia i ruoli, ad esempio maschile e femminile, che la vicinanza/distanza tra le persone.
La frequenza della rottura delle relazioni è diventata un fatto evidente; essa produce un aumento dei sentimenti di rabbia e frustrazione, soprattutto nell'uomo, nel cui immaginario la donna spesso rimane legata ad un modello di accondiscendenza e compromesso, che contrasta invece con un'aspettativa, conquistata dalla donna, in merito all' emancipazione e alla possibilità di rompere il rapporto.
L’ambivalenza esistente tra il concetto di privacy e la facilità invece con cui si ha accesso ad informazioni relative alla vita altrui, rilevante nel fenomeno del divismo e aumentata a dismisura con le possibilità date dalla comunicazione “globale”, produce un conflitto tra desiderio di essere al centro dell'attenzione e paura di quello che puo' derivarne, conflitto che produce a sua volta contraddizioni e malintesi nell’interpretazione dell’esistenza e della natura della relazione in atto.
Il fenomeno dello stalking, tradotto in italiano come “sindrome delle molestie assillanti”, si inserisce all'interno di queste contraddizioni ed interpreta molto bene il fenomeno del “malinteso”: il malinteso è presente tra gli ex partners, rispetto alla chiusura e/o possibilità che la relazione invece continui ancora, il malinteso puo’ essere presente, nel caso di rapporti che nascono in modalità piu’ numeriche che analogiche, rispetto all’interesse che l’altro, piu’ o meno conosciuto prova nei nostri confronti. In questo senso lo stalking dà voce a tensioni dell'individuo, con modalità oggi estreme a causa di possibilità nuove di comunicazione, ad alto potenziale di facilitazione dell'intrusività e del controllo.
Lo stalking si colloca ai confini della normalità ed è questo che ha reso e rende difficile definirlo e affrontarlo nell'intervento e nella legislazione; non è una patologia definita ma organizza una serie di eventi al confine con la normalità : il desiderio di ristabilire una relazione interrotta, il desiderio di instaurare una relazione interpersonale con chi, da una parte ci è piu' lontano per la sostanziale distanza sociale tra le persone, particolarmente critica per gli individui isolati dal punto di vista economico ed interpersonale, dall'altra ci appare “virtualmente” vicino; stalking come ricerca estrema e disperata di relazione, quindi.
Naturalmente non tutti sono potenziali “stalkers”.Gli eventi contestuali si incrociano con caratteristiche di personalità e vissuti individuali relativi alla perdita, di natura certamente problematica.
Ci sono molti studi sulla patologia a carico dello stalker, oltre ad esserci una parte del fenomeno che raccoglie una patologia psichiatrica ben precisa, come nel caso dell'erotomania, ma cio' che è interessante è la dinamica comunicativa e relazionale che si viene a creare tra due figure, la vittima ed il molestatore.
Quello che si va a delineare è una dinamica anomala e distorta di comunicazione tra due attori; ne consegue che le maggiori probabilità di capire ciò che succede stanno nella possibilità di un'attenta analisi relazionale e sequenziale in un arco di tempo continuativo.Spesso infatti i dati oggettivi sono carenti e lo stalking è un fenomeno definito esclusivamente dalla vittima.
Drammaticamente pero' le difficoltà teoriche relative alla definizione del reato e la necessità di un’attenta analisi contrastano con l'alto rischio di violenza che caratterizza lo stalking, soprattutto quello che si consuma tra ex partners: in questi casi l'escalation che porta alla violazione dello spazio fisico della vittima si consuma in un lasso di tempo molto breve e con un alta probabilità di violenza fino alle estreme conseguenze.
In questo quadro diventa estremamente importante una maggiore conoscenza del fenomeno da parte degli operatori del settore e la condivisione del modello interpretativo, con particolare attenzione ai fattori di rischio e alla rilevazione dei segnali predittori dell’ escalation violenta, oltre che la presenza di un quadro legislativo chiaro di riferimento, in un’ottica che diventi in primis preventiva.
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Psicologa e Psicoterapeuta ad indirizzo sistemico-relazionale, svolgo attività clinica presso Psicologia insieme, Studio Associato e Associazione onlus, di cui sono il Presidente. Responsabile dell’area violenza e dipendenza nelle relazioni svolgo in questo settore formazione per operatori e gruppi di sostegno per l’utenza.