In questo articolo viene spiegato l'utilizzo dell'analisi bioenergetica per l'espressione del malessere e del disagio psichico e per il raggiungimento del benessere psicocorporeo.
L’analisi bioenergetica rappresenta una delle terapie psicologiche che per prima ha preso in considerazione il corpo come elemento fondamentale sia di espressione del malessere e del disagio psichico, sia di guarigione da questi. Reich, che in qualche modo ne è stato il precursore e Lowen, che ne è stato il fondatore ufficiale, sono stati i primi a prendere in considerazione, nella terapia clinica, tutti gli aspetti corporei e formali del paziente, laddove i primi riguardano il modo di una persona di poggiare i piedi per terra, il modo in cui cammina, l’atteggiamento delle spalle, che può essere più o meno cadente, il bacino che a volte è sbilanciato in avanti o indietro, l’espressione del viso, gli occhi, ma soprattutto individuando le tensioni muscolari e i blocchi energetici. Questi ultimi sono qualcosa che noi tutti ben conosciamo: la tensione che accumuliamo sulle spalle, il collo che non ci permette di muovere la testa liberamente, i dolori cervicali, le tensioni alla zona lombare della schiena, ma anche ai muscoli della faccia, alla mascella; a volte vediamo persone che hanno il viso bloccato in un’espressione di ansia, paura, sorpresa ma non ne sono consapevoli. Gli aspetti formali, cioè il modo in cui ognuno di noi vive la sua vita nel quotidiano: la voce, il modo di guardare, di porsi rispetto agli altri, sono tutti “modi” che ognuno di noi ha per comunicare, per parlare di sé. L’idea su cui si basa la teoria di Lowen è che il corpo e la mente siano un tutt’uno e che il corpo si struttura in ogni persona in un modo diverso a seconda delle esperienze che ha vissuto da bambino. Il corpo conserva la memoria di ciò che ci è accaduto non solo a livello fisico ma anche emotivo, registra sensazioni, emozioni, percezioni vissute e spesso, dimenticate. Per farvi capire più semplicemente di cosa parlo vi faccio un esempio: un bambino che da piccolo spesso provava paura perché veniva lasciato solo in casa o perché aveva una madre che non era “accessibile” per lui quando, dopo uno spavento, voleva essere calmato, o a cui veniva detto di non avere mai paura, imparerà che la paura è un sentimento sbagliato o di cui ci si deve vergognare e che non si può esprimere. Ogni volta che quel bambino ha provato paura, ha dovuto trovare il modo di far fronte ad essa da solo e in più, ha dovuto trovare un modo per “bloccarla”, eliminarla, mandarla via. Lowen dice che questo processo di “eliminazione” di un sentimento non è solo psichico ma anche fisico, quindi il bambino bolccherà tutte quelle parti del corpo che servono ad esprimere la paura e svilupperà, seppure inconsapevolmente, una postura di protezione dalla paura stessa: ad es. le spalle sollevate, il corpo che tende in avanti in senso di difesa, la mascella serrata, gli occhi “spalancati”. I blocchi muscolari che tanto ci fanno provare dolore nella vita di tutti i giorni sono, secondo Lowen, conseguenze di blocchi muscolari che si sono prodotti nel tentativo di bloccare un’emozione giudicata inesprimibile dal bambino piccolo a causa dei divieti, dei traumi, delle esperienze negative vissute. I blocchi muscolari sono punti in cui l’energia vitale ha smesso di fluire liberamente e si è bloccata, limitando così le possibilità per ciascuno di vivere la propria vita al meglio.
Uno degli strumenti usati da Lowen è quello delle classi di esercizi bioenergetici, un’ora e poco più di lavoro sul corpo per riprendere contatto con esso sia nei suoi aspetti fisici che in quelli psichici, Lowen scrive: “Gli esercizi sono importanti perché danno un diverso senso del proprio corpo e aiutano a prendere coscienza dei blocchi e delle tensioni, favorendo la comprensione delle proprie paure e delle proprie ansie”. Le classi di esercizi bioenergetici offrono la possibilità di esprimere quelle emozioni che con il tempo abbiamo imparato a reprimere: la rabbia, il dolore, la paura e la vergogna.
Attraverso semplici ma significativi movimenti posiamo riattivare parti del corpo e parti della nostra emotività "atrofizzate" a causa di percorsi, eventi, vite vissute nel “non ascolto” di sè stessi.
Si lavora sul corpo ma con un'attenzione costante alla percezione di ciò che si prova, emotivamente, nel compiere movimenti che vengono frequentemente inibiti nella vita quotidiana, penso ad esempio allo scalciare e sgomitare come espressioni di rabbia, digrignare i denti, graffiare come espressione di cattiveria, ma anche tenere qualcun altro o essere tenuti, cosa si prova a prendere o a lasciare una mano, a dire basta, a provare a delimitare i propri confini.
Il lavoro nelle classi è quello di recuperare i nostri pezzi mancanti, riascoltarli, rivederli, rincontrarli e integrarli in modo da raggiungere una maggiore completezza del proprio nucleo vitale, del proprio sé.