In questo articolo vengono descritti i diversi elementi che compongono un efficace trattamento dei disturbi specifici di apprendimento.
di Letizia Moretti
Le difficoltà specifiche di apprendimento rappresentano uno dei più rilevanti problemi in ambito scolastico e, come dimostrano diversi studi epistemiologici italiani, interessano circa il 4% della popolazione scolastica.
A partire da queste considerazioni si vuole qui affrontare la delicata tematica riguardante il trattamento specifico di bambini con difficoltà di questo tipo.
Le strade che portano al superamento di questo disturbo sono tortuose e spesso, pur arrivando ad una consistente attenuazione delle difficoltà iniziali, non si giunge ad una risoluzione definitiva: ci vuole tanto impegno, costanza, applicazione e, non ultima, un buon grado di coinvolgimento delle strutture scolastiche e familiari.
Ma quale è il modo migliore per stabilire un contatto attivo con il bambino bisognoso di aiuto? È sufficiente e soprattutto possibile e funzionale far esercitare i bambini in una attività tanto odiosa come può essere per loro la lettura(o la scrittura o il calcolo)? A cosa porterebbe questo tipo di approccio se non ad un rifiuto ancor più convinto della scuola e di tutte le attività da essa proposte e ad esse collegate?
D'altro canto ciascuno di noi cerca di evitare le cose che sa fare “male”: allo stesso modo un bambino con difficoltà specifiche viene da noi per una diagnosi e, accorato, ci chiede di fargli fare tutto ma non leggere, o scrivere o ripetere le tabelline perché, alla consapevolezza delle proprie difficoltà, si aggiunge un senso di inadeguatezza generale, un sentimento simile alla frustrazione e un sottile senso di colpa.
ECCO ALLORA L'IMPORTANZA DI TROVARE UNA STRATEGIA DIDATTICA CHE COINVOLGA IL BAMBINO E VADA A LAVORARE SULLA SUA MOTIVAZIONE.
Superata la prima fase, inevitabile, in cui, per avere un quadro completo ed acquisire tutti gli elementi necessari che ci portano ad inquadrare il problema nell’ambito dei DSA, il bambino viene necessariamente posto di fronte ad una serie di compiti standardizzati e di prove che possono risultare problematiche, si passa all'elaborazione di una strategia studiata e ritagliata sul bambino. Dunque eccoci alla fase in cui le nostre conoscenze, capacità e abilità di terapisti devono essere messe in campo senza riserve: sulla base dei risultati ottenuti dallo screening e dalla diagnosi dobbiamo elaborare un piano di azione multidimensionale, creato appositamente per quel bambino e per il contesto in cui vive.
Il colloquio con la famiglia è fondamentale: capire l'evoluzione del suo sviluppo, le fasi dell'accrescimento e il raggiungimento delle varie tappe della crescita psicomotoria, saper leggere tra le parole e le espressioni dei genitori il clima familiare in cui vive, acquisire informazioni circa lo sviluppo del linguaggio, il livello di socializzazione, le modalità di inserimento nella scuola materna e primaria, sono momenti da cui non si può prescindere e richiedono un'accurata indagine anamnestica. Altrettanto importante, anche se non sempre semplice, è acquisire informazioni dalle insegnanti, capire le loro metodologie didattiche, il contesto della classe in cui il bambino è inserito, le difficoltà che loro rilevano costantemente nell'approcciarsi alla difficoltà specifica, le strategie messe in atto fino ad ora, cosa ha funzionato e cosa no.
Si parla quindi di approccio multidimensionale perché l'intervento deve comprendere azioni mirate, da sviluppare in diversi ambiti:
AMBITO METODOLOGICO E OPERATIVO
Rientrano in questo ambito di intervento gli strumenti che sorreggono il nostro lavoro: le facilitazioni, le nuove metodologie didattiche, gli strumenti e le tecnologie più recenti ma anche le schede per le esercitazioni e quelle di guida al compito, l’adattamento dei libri di testo e una serie di giochi didattici che favoriscono l’instaurarsi di una interazione e di una collaborazione attiva tra il soggetto e lo psicologo. I materiali che danno i risultati migliori sono quelli proposti e costruiti dal soggetto stesso cosicché la seduta di trattamento diventa un vero e proprio laboratorio creativo in cui psicologo e ragazzo collaborano insieme per elaborare le strategie e pianificare l’intervento.
IL TRATTAMENTO NELLA PRATICA: COME SI SVOLGE UNA SEDUTA
Vale la pena sottolineare che il trattamento dei DSA non è in alcun modo un “dopo scuola” o una “ripetizione”: è invece un percorso parallelo, un sostegno mirato al superamento delle difficoltà scolastiche specifiche, un lavoro originale di elaborazione e rielaborazione di attività pensate per il soggetto e per le sue esigenze.
Ogni seduta si articola in tre momenti: la prima attività proposta è sempre volta a creare un clima positivo, di rispetto reciproco e di condivisione di obiettivi. Le proposte possono essere semplici giochi di regole, indovinelli, giochi fonologici, filastrocche e canzoncine, in relazione all’età del soggetto, ma anche una bella chiacchierata informale su come il ragazzo ha passato il fine settimana o le vacanze (importante anche per valutare l’organizzazione temporale e la consequenzialità delle azioni, la capacità mnemonica e l’organizzazione del pensiero). Poi si passa alla fase più impegnativa dell’incontro: ora verranno svolti una serie di “esercizi” studiati e strutturati appositamente per il ragazzo; vengono chiamati esercizi ma la modalità di esecuzione sarà sempre in forma divertente: in questa fase ci sarà un’alternanza di esercitazioni attraverso l’uso di materiale cartaceo (schede, materiale pittorico, realizzazione di cartelloni, costruzione di grafici e mappe concettuali, uso di libri, articoli, racconti, ecc.) e l’utilizzo di materiale elettronico (software riabilitativi, giochi da fare al computer, audiolibri, uso di programmi di scrittura con correttore ortografico, ecc.).
La seduta si chiude sempre con una attività piacevole per il soggetto, a volte proposta dal ragazzo stesso e a volte dal terapista tenendo però conto delle sue preferenze e dei suoi interessi. Ci si deve riappropriare del clima sereno, ludico e giocoso che ha caratterizzato l’inizio della seduta e che prepara per l’incontro successivo: il bambino o ragazzo deve venire volentieri alle sedute di trattamento e non deve in alcun modo percepire costrizioni o obblighi: l’esito del trattamento sarebbe compromesso.
I TEMPI
Dopo i primi tre o quattro colloqui di valutazione, durante i quali si raccolgono tutte le informazioni utili e si somministrano una serie di prove standardizzate che ci consentono di paragonare i risultati ottenuti dal soggetto con dei parametri normativi di riferimento, si programma, insieme con la famiglia, la fase successiva, quella del trattamento: gli incontri hanno la durata di un’ora una volta a settimana per un ciclo di circa tre, quattro mesi. Al termine del primo ciclo si fa una nuova valutazione e si riprogramma, se necessario, l’attività per il ciclo successivo che può cominciare anche dopo un periodo di pausa: il ragazzo deve avere il tempo di elaborare i nuovi apprendimenti, sperimentare le nuove strategie acquisite e padroneggiare le competenze raggiunte. Programmare dei momenti di pausa tra un ciclo e l’altro gli consente di ragionare autonomamente sui traguardi raggiunti e sugli obiettivi futuri.
A volte possono essere utili dei semplici compiti aggiuntivi da svolgere in casa, sotto la guida di una genitore che si rende disponibile, sempre che questa attività non diventi un compito troppo pesante per il soggetto e per la sua famiglia: questa opzione va valutata singolarmente, caso per caso. Ricordiamoci che i destinatari della nostra azione sono dei bambini, spesso piccolissimi, o degli adolescenti e la qualità della loro vita va preservata: l’impegno richiesto dalla scuola è già molto importante sia in termini quantitativi che qualitativi: il lavoro fatto nello studio di psicologia non deve in alcun modo sottrarre risorse ed energie al gioco, allo sport, alla musica, alle attività sociali.
Psicologa, specializzata in psicologia scolastica e DSA. Svolgo attività di consulenza privata e riabilitazione per ragazzi con DSA e lavoro come psicologa scolastica nell’ambito di progetti di istituto rivolti sia alle insegnanti che agli alunni. Sono responsabile dell’Area Scuola dell’Associazione Psicologia Insieme Onlus. Faccio parte del Gruppo di Lavoro in Psicologia Scolastica dell’Ordine degli Psicologi del Lazio.